Presepio vivente nelle antiche grotte di Villaga: presentazione a Palazzo Ferro Fini

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presepe vivente

La nona edizione del Presepio Vivente nelle antiche grotte di Villaga è stata presentata questa mattina a Venezia, a palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto.

L’edizione 2023 del Presepio Vivente nel comune del Vicentino, che ha cadenza biennale e che riparte dopo lo stop imposto dalla pandemia (la più recente risale al 2018), verrà strutturato in nove quadri scenici, sarà intitolata ‘Dalla pietra alla carne’ e si svolgerà il 6 e 7 gennaio prossimi, dalle 13.30 alle 20 (in caso di maltempo, domenica 8 gennaio).

Hanno partecipato alla presentazione il Presidente dell’Assemblea legislativa veneta Roberto Ciambetti e il Consigliere regionale Marco Zecchinato, la Consigliera regionale Silvia Maino e il Vicepresidente del Consiglio veneto Nicola Finco, il sindaco di Villaga Eugenio Gonzato, il regista del Presepio Vivente Antonio Gregolin, il coordinatore generale Antonio Gotter, e Lorenzo Frison in rappresentanza dei volontari che daranno vita alla manifestazione.

“Il Presepe Vivente – ha ricordato il Presidente Ciambetti – è un’usanza diffusa in Italia e Villaga assume un sapore particolarissimo, quest’anno. Voglio ringraziare gli organizzatori di questa bella iniziativa, l’amministrazione locale che la sostiene, l’amico e collega Marco Zecchinato che ha voluto presentarla qui a Venezia e quanti vorranno recarsi proprio a Villaga per vivere un’esperienza unica e importante.

Il Presepio Vivente per i credenti è un ritorno a Betlemme, un ritorno alla fede antica come spiegò l’attuale pontefice nella sua lettera Admirabile signum, in cui afferma che san Francesco, creando per la prima volta il presepe a Greccio nel 1223, fece una grande opera di evangelizzazione. Credenti o no è difficile infatti non andare con il pensiero alla notte di Natale del 1223, 799 anni or sono, tra pastori, gente comune e nobili di Greccio, alla Messa organizzata in una grotta da Francesco, con una mangiatoia, un bue e l’asinello. Francesco nella sua predica parlò “bimbo di Betlemme” definendolo “re povero” e come ricorda Bonaventura di Bagnoregio nella sua “Legenda maggiore”, un cavaliere che si era unito a Francesco, “affermò di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo bimbo addormentato che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno”.

L’immagine è chiara: quel bimbo rappresenta nel buio del Medioevo la Chiesa che il santo è chiamato a rifondare, a risvegliare ridonandole la sua dimensione di affetto, tenerezza, amore, in netta contrapposizione alla chiesa che guidava milizie ed eserciti di soldati. Da una parte la Pace, dall’altra la Guerra, da una parte l’amore dall’altro l’odio: il presepe vivente dalla storia medioevale parla del nostro presente ed ecco allora il senso di quanto viene messo in scena a Villaga: destare in noi la dimensione dell’affetto, del rispetto, della tenerezza. Attorno a noi il Natale è stato trasformato in un rito consumistico rumoroso, confuso, dove tutto è frastuono e disordine; nel Presepe, invece, tutto è ordine, raccoglimento, silenzio. In questo silenzio rileggiamo una bella poesia di Salvatore Quasimodo, versi che oggi, in un mondo devastato da guerre, violenze e ingiustizie, attendono una risposta: dopo aver descritto il presepe, e il suo silenzio, il poeta contrappone la pace interiore del Cristo alla nostra realtà in cui “il fratello si scaglia sul fratello” per chiedersi infine: “Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino /che morirà poi in croce fra due ladri”?”. Ecco perché dobbiamo ritornare al messaggio di Francesco d’Assisi e riconquistare la dimensione di affetto, tenerezza e amore che rivive nel presepe di Villaga e, mi auguro, in ogni famiglia, per portare la pace dove oggi c’è guerra e tranquillità serena nel cuore di ogni casa”.

“Si tratta di un Presepe che è unico per molti motivi – ha ricordato il Consigliere Zecchinato – unico per dimensioni, perché si tratta sicuramente di uno dei più grandi del vicentino, e unico per numero di figuranti e di volontari coinvolti per mesi nella sua realizzazione, ai quali va il ringraziamento per il loro impegno. I caratteri di originalità di questo Presepe sono legati sicuramente alla particolarità luogo, e quindi ai Colli Berici, una delle dodici Aree collinari venete, e a una porzione di questo sistema collinare caratterizzata da una particolare roccia calcarea e da grotte che nel tempo hanno avuto funzioni diverse: abituri, eremi, monasteri. Un luogo magico sotto molti punti di vista, una magia esaltata da un Presepe che tocca temi religiosi, sociali e legati all’attualità grazie all’opera del regista. Ma il Presepe rappresenta anche un momento di promozione dell’intera area berica, che consente di imprimere nella mente umana una visione di un luogo che è bene che si mantenga così, anche in futuro: la tutela del paesaggio attraverso la sua rappresentazione scenografica è un concetto che ho acquisito con Ermanno Olmi, presente nei berici nel 2015, e che rimase colpito proprio da Villaga. Il Presepe vivente, quindi, diventa veicolo di promozione e di tutela del territorio”.

“Il nostro Presepio ha un grande valore storico, religioso e artistico, teatrale e di contenuti, che aziona una macchina organizzativa particolarmente complessa – ha sottolineato il Sindaco, Gonzato – perché mobilita centinaia di persone, non solo tra attori e figuranti, ma anche tra personale tecnico e volontari, provenienti anche dai paesi vicini, indispensabili, tenuto conto del fatto che la nostra comunità conta circa 2mila abitanti. Con Antonio Gotter, Presidente della nostra Pro Loco, e con Lorenzo Frison, riusciamo a realizzare qualcosa che ha del miracoloso perché chi verrà a visitare il Presepio Vivente si renderà conto di quanto lavoro c’è alle spalle di questa ‘due giorni’ profondamente culturale”.

“Il Presepio Vivente di Villaga è in realtà un laboratorio sociale – queste le parole del regista, Antonio Gregolin – che coinvolge una comunità piccolissima inserita in un contesto naturale speciale, grazie alla presenza di queste grotte, nella quale agisce il volontariato, non un volontariato astratto, ma concreto, centinaia di persone che si muovono in un contesto non di certo pensato per ospitare eventi di questo genere, ma che accolgono circa diecimila visitatori e che lavorano, di fatto, per salvaguardare e mettere in sicurezza un’area. Ma ‘laboratorio sociale’ è un concetto che comprende non solo chi opera per la realizzazione dell’evento, ma anche gli stessi visitatori, che dismettono i panni della modernità e di fronte a questo Presepio si trasformano, per così dire, e recuperano quelli del passato: una visita che lascia inevitabilmente un segno, a tutti, credenti e non”.