Facoltà di agraria e pecore tosaerba per il Parco della Pace: la proposta (con Pratesi) a Rucco finora coerente su impegni per BPVi, sicurezza “percepita”, trasparenza e mobilità

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È fuori di dubbio (e ve lo dice chi di tutto può essere accusato ma non certo di avere simpatie ideologiche per la destra, se di quest’area, col mondo in totale cambiamento, facesse parte il nuovo sindaco di Vicenza) che la giunta di Francesco Rucco sia partita col piede giusto mantenendo i primi impegni presi in campagna elettorale sulla tutela dei soci truffati dalla Banca Popolare di Vicenza, al cui sistema era vicino il potere politico precedente, sulla cura pratica della sicurezza, definita correttamente “percepita”, perchè quella reale, siamo seri!, non è da tregenda, sui primi rimedi di Claudio Cicero alla mobilità, dopo le (s)venture di Dalla Pozza.

Ma Rucco ha dato un segno nuovo anche sulla trasparenza con annessa lotta alla corruzione, a cui ha addirittura dedicato un assessorato che con Isabella Dotto fa riferimento all’area di Sergio Berlato, l’unico politico vicentino di rango, ahi ahi anche lui di “destra”, che della lotta ai poteri sistemici ha fatto la sua bandiera reale e “pagata” in prima persona

Ebbene, sperando che questo buon inizio trovi un seguito adeguato (vigileremo non da cani da guardia ma da mastini), ricordiamo una proposta già lanciata a Rucco in occasione dei confronti tra i candidati sindaco su VicenzaPiu.tv, snobbati, guarda caso, dal poi sconfitto Otello Dalla Rosa.

Si metta una, grande, parte del Parco della Pace al centro di un progetto che, pur non escludendo altri utilizzi logici e simbolici, anzi esaltandoli, coinvolga una vicina Facoltà di Agraria e Medicina Veterinaria o similari a cui far aprire in uno dei tanti palazzi vuoti del centro una sede a Vicenza, che, oltre a quella industriale, ha una ancora più storica vocazione all’agricoltura e alle attività connesse, tra cui quelle dell’agriturismo, e nei 65 ettari del parco degli spazi attrezzati da cui gestire, è il caso di dirlo, sul campo studi su coltivazioni e allevamenti.

Formare laureati in queste discipline arricchirebbe il territorio, oltre che di offerta accademiche, di competenze oggi e in futuro molto richieste e la gestione degli spazi affidata a una facoltà di quel tipo li renderebbe rispettosi dell’ambiente ma anche frequentati (W la sicurezza attiva!) e vivibili da parte dei cittadini “moderni” e dai loro bambini che sono troppo privi oggi di campi verdi popolati di colture e di animali.

E se poi si affidassero proprio ad alcuni animali “specializzati” come tosaerba (pecore ed asini) l’erba di quei prati nella parte di quei 650.000 mq non “serviti” dalla Facoltà di agraria e la cui cura altrimenti comporterebbe, siamo sinceri,  costi esorbitanti, ci sarebbe ben poco da liquidare con un sorriso beffardo questa proposta ecologica ed ambientalista.

La stanno già attuando città grandi, come Londra e Berlino, e medie come Torino e ci sta pensando Roma per i suoi grandi parchi: parole e firma di Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf e voce storica dell’ambientalismo italiano, nell’intervista che proponiamo di seguito a voi, alla cultura di Rucco, che è stato anche membro dell’ESU (Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario) di Verona, e alla praticità realizzativa di Cicero…

P.S. E se l’idea piacesse (e come potrebbe non piacere?) anche alla sinsitra vera residua, quella di Coalizione Civica per Vicenza e di Potere al popolo! Vicenza, questo sarebbe un motivo in più per valutarla e ricondurre la città a confrontarsi su questioni reali per il bene generale e non per i proclami vuoti di signifcato ma pieni di autoreferenzialità della sinistra radical chic che il voto del 10 giugno ha dimostrato di non considerare più degni di attenzione.

 

“Pecore e asini sono grandi tosaerba soft”
di Stefano Caselli, da Il Fatto Quotidiano

“Sì, nelle scorse settimane si è fatta un sacco di ironia sulla proposta del Comune di Roma di affidare parte della cura del verde pubblico a pecore e affini. Ma si tratta di ironie gratuite e anche piuttosto ingenue. Sono pratiche comuni in molte città non solo italiane, per di più figlie di tradizioni secolari da cui avremmo molto da imparare”. Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf e voce storica dell’ambientalismo italiano, quasi si emoziona a parlarne.

Sembra l’argomento le stia molto a cuore…

Quando ero ragazzo a Roma, negli Anni 40, vivevo in quella che oggi è via Bruno Buozzi, ai Parioli. Ricordo distintamente i pratoni intorno a quello che allora si chiamava viale dei Martiri Fascisti, vicino a piazza Euclide. Erano pieni di greggi di pecore ed erano bellissimi. Per me era un parco giochi. C’era un giovane pastore che suonava divinamente un piccolo flauto. Me lo vendette per una lira, io l’ho portai tutto fiero a scuola ma non riuscii mai a suonarlo. Una grossa delusione. Vinse il pastorello.

Ma qui parliamo di una metropoli del XXI secolo assediata dalla vegetazione…

Le ho raccontato questo episodio della mia infanzia perché affidare la cura del verde pubblico alle greggi è una pratica antichissima e soprattutto efficace: non danneggia la natura, non inquina, non fa rumore. Pecore, asini e capre sono dei tosaerba naturali, un sistema di cura soft.

E per quale motivo allora si è fatta tutta questa ironia?

Perché si pensa che le pecore possano ripulire il giardinetto sotto casa. Ovviamente questo non è possibile, per due ordini di motivi: il primo è che non ci può essere promiscuità eccessiva tra luoghi frequentati da bambini, per esempio, e greggi seguite da cani pastore. In secondo luogo è impensabile che le greggi sradichino erbacce alte un metro. Pecore e capre non le mangerebbero, forse gli asini. Insomma, il punto è che una simile pratica può essere utile solo per grandi aree verdi, esattamente quelle di cui è ricchissima Roma.

Esistono altre città che utilizzano questi sistemi?

Ma certamente, Berlino e Londra, per esempio, o Torino in Italia. Ma posso fare anche l’esempio della mia Orbetello: quando abbiamo prati invasi da erbacce e cardi usiamo pecore e asini, perché l’asino mangia anche il cardo, le pecore hanno un appetito più gentile, diciamo.

Come la mettiamo con gli escrementi?

È vero, ma parliamo del miglior fertilizzante in natura. Le pecore sono molto discrete, i loro escrementi si dissolvono dopo una piccola pioggia, quelli dei cani – che molti non raccolgono – sono molto, molto peggio. Oltretutto se le pecore producono ottimo concime, mangiano meglio e se mangiano meglio producono un latte migliore. E purtroppo per loro, anche agnelli migliori.

Tecnicamente come funziona? Chi può farlo?

Sono problemi amministrativi, non semplici ma risolvibili. Non servono grandi greggi. Qui da noi Coldiretti potrebbe agevolmente fornirli.

Può anche essere una risorsa occupazionale?

Certamente. La vita pastorale è bella e per saperlo non è necessario risalire fino alle Bucoliche. Per decenni la voglia di progresso ci ha imposto di eliminare le anticaglie. Oggi non è più così, i giovani hanno un buon atteggiamento nei confronti della natura. Credo che siano pronti per tornare a questi mestieri.