Emergenza idrica

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Opportunità e limiti della desalinazione

Per quanto se ne parli soltanto ora, l’emergenza siccità è esplosa da tempo. Il problema non è certo degli ultimi mesi.
Tanto sarebbe stato possibile e necessario fare per contenerne la portata ed evitare anche questa crisi.
Si è fatto affidamento, invece, sul potenziale miglioramento delle condizioni climatiche e sull’arrivo delle piogge, con scarsa capacità di visione e senza investimenti in manutenzione delle infrastrutture idriche e in nuova tecnologia.
Si è scelto, come sempre, di inseguire l’emergenza.

L’Italia non è l’unico Paese a soffrire la sete.
L’emergenza ha afflitto anche la vicina Spagna negli ultimi 20 anni. È servita una seria programmazione per riemergere e correre ai ripari. La Spagna è infatti il Paese europeo che ha maggiormente investito nelle tecnologie per ottenere acqua dolce dal mare.

Delle utilità di desalinizzatori o dissalatori, inventati e applicati per la prima volta nel 1965 in California, si comincia a parlare anche qui.

Si tratta di impianti da tempo già utilizzati in Medio Oriente e Africa settentrionale.
Una soluzione che porta con sé il vantaggio di consentire lo sfruttamento di una ingente risorsa naturale.
Il prezzo, però, è nel notevole sforzo energetico necessario per funzionare i meccanismi a pieno regime. Il problema è relativo per Paesi come Arabia Saudita ed Emirati Arabi, che dispongono di grandi quantità di energia a basso costo, ma non per noi.

L’altro aspetto problematico è la grande quantità di salamoia che residua a seguito dell’operazione di desalinazione, che, smaltita in mare, altererebbe la salinità dell’acqua in prossimità delle coste (da dove vengono riversate) e comprometterebbe gli equilibri dell’ambiente marino. Il ricercatore Edward Jones osserva che «l’elevata salinità produce una riduzione nel livello di ossigeno in acqua, e questo impatta notevolmente sugli habitat degli organismi bentonici, con effetti ecologici osservabili lungo tutta la catena alimentare».

Tuttavia, le utilità sono innegabili.

Lo sviluppo di tali tecnologie ne ha reso col tempo l’utilizzo meno costoso; sono stati fatti notevoli passi in avanti al fine di renderle economicamente più competitive.
Nasconde anche opportunità economiche connesse alla salamoia, che potrebbe essere usata per irrigare specie tolleranti al sale, per esempio, e in acquacoltura; inoltre dalla melma si potrebbero recuperare sali, metalli e altri elementi, come magnesio, gesso, cloruro di sodio, di calcio, di potassio, di bromo, di litio in percentuali significative.

Come sempre, dunque, è esclusivamente una questione di obiettivi, scelta di investimenti e strategie di sostenibilità.

In Italia, la recente l. 17 maggio 2022, n. 60 (c.d. legge salvamare), recante «Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare», si occupa, tra le altre cose, anche della desalinizzazione dell’acqua marina, limitando l’utilizzo dei dissalatori, destinati alla produzione di acqua per il consumo umano, solo a casi eccezionali e fortemente stringenti.
Di fatto è stato posto ai dissalatori un deciso stop.

La soluzione, però, merita un ripensamento più accorto, un più oculato bilanciamento tra costi e benefici, specie considerata l’entità del problema idrico, e uno studio di sistemi di realizzazione di obiettivi di recupero senza pregiudizi per la tutela dell’ambiente.
In ogni caso, l’immobilismo non è mai la scelta più opportuna.


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Fonte: Emergenza idrica

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