La famiglia Zonin cerca soci, dopo l’uscita di papà Gianni: implicazioni sui sequestri per la BPVi?

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Gli eredi di Gianni Zonin, a cui il padre tutto ha donato sia pure ora sub judice, aprono a nuovi soci, come si legge su Economia del Corriere della Sera di oggi, di cui pubblichiamo l’articolo a seguire. Vi si parla di un valore della società sui 400500 milioni ma le cose, intanto, non tornano. Innanzitutto la Zonin SPA è prevalentemente una socieà commerciale, che acquista il vino dalle circa 10 società agricole della famiglia che, a quanto ci risulta, non c’entrano oggi con la SPA e sulle quali o su parte delle quali potrebbe, comuqnue, pendere la spada di Damocle dei sequestri per le vicende della BPVi di papà Gianni.

A parte questo chi mai investirebbe in una società il cui business dipende esclusivamente da terzi? Ma allora verrebbero conferite anche tutte le società semplici della famiglia, i vari vigneti sparsi per l’Italia?

Poi, c’è la questione del valore.

Solo negli ultimi anni la spa guadagna sui 3 milioni l’anno, prima molto di meno. Come potrebbe, quindi, valere 150 volte gli utili?

Ma, ecco l’ultimo ma, quello che interessa ai soci truffati dalla Banca Popolare di Vicenza.

Ipotesi di sequestro: nell’articolo i soci si dicono tranquilli, perché non si cedono azioni, ma solo le si diluiscono. In questo caso bisognerà vedere il sovraprezzo applicato, che, da quanto scritto in base al poco o nulla che si sa, sarebbe elevato così che un annacquamento, anche consistente, potrebbe esserci. E se poi il sovrapprezzo fosse eccessivo? Il mercato sarà sicuramente curioso di conoscere il sovraprezzo applicato e i soci di valutare il possibile danno visto che hanno chiesto i sequestri per giunta su beni per la cui conservazione e sviluppo, questo è l’unico fatto certo, servono nuovi denari…

 

La famiglia Zonin cerca soci
Dopo l’uscita dell’ex banchiere dalla guida societaria e la cessione delle quote ai figli, il gruppo vinicolo prepara un aumento di capitale riservato a un partner finanziario. Il mandato a Mediobanca. Spunta il fondo francese Unigrains.

La famiglia Zonin cerca soci. Compagni di viaggio che sostengano la crescita della Zonin 1821, la storica azienda vinicola di Gambellara, in provincia di Vicenza, fatta crescere da Gianni Zonin, imprenditore ed ex presidente della Banca Popolare di Vicenza, per il quale la Procura del capoluogo berico ha chiesto in autunno il rinvio a giudizio (assieme a tutto l’ex vertice) nell’ambito del crac dello storico istituto di credito. Così le etichette Principi di Butera, Ca’ Bolani, Tenuta il Bosco, i vigneti americani della Barboursville e il resto della scuderia di marchi sono finite in vetrina.

Obiettivo, identificare un investitore che entri con una quota di minoranza – anche corposa – nella compagine della Casa Vinicola Zonin, attraverso un aumento di capitale dedicato.
Sul dossier è al lavoro Mediobanca che nel ruolo di advisor dovrà selezionare il profilo più adeguato. Il monitoraggio è appena partito ma è probabile l’identikit corrisponda a quello di un fondo di private equity, magari che possiede già un focus su food e vini. Qualche analisi e valutazione sarebbe stata fatta, anche se senza una candidatura formale a chi lavora al dossier, dal fondo francese Unigrains dedicato all’agroindustria, specializzato in aziende della filiera, anche di matrice familiare.
La decisione è stata presa dai fratelli Domenico, che della Zonin 1821 è presidente, Francesco e Michele Zonin (entrambi vice presidenti) a cui il padre Gianni ha affidato l’impegno di continuare, e di espandere sui mercati, l’attività di famiglia che dagli anni’ 70 è a Ca’ Bolani in Friuli, poi cresciuta in Piemonte, Lombardia, Sicilia e Puglia fino allo sbarco negli Usa.
L’operazione non dovrebbe incrociare, sulla carta, i procedimenti civilistici in corso nei confronti di Gianni Zonin. Nell’ambito dell’azione civilistica di responsabilità, i liquidatori della Popolare di Vicenza (l’ex ceo dell’istituto Fabrizio Viola, Giustino Di Cecco e Claudio Ferrario) avevano infatti chiesto a gennaio la revoca di due «patti di famiglia» attraverso i quali l’imprenditore ha ceduto ai figli la piena proprietà del 26,9% e i diritti di usufrutto sul 23% del capitale della Gianni Zonin Vineyard sas di Giovanni Zonin & C. e il 38,5% della Zonin Giovanni sas, holding dell’impero vitivinicolo dell’ex banchiere vicentino. Domani, 8 maggio, si terrà la prima udienza in cui si costituiranno anche i tre figli dell’ex presidente di PopVicenza che avevano ricevuto le quote poco più di due anni fa. La posizione della famiglia è che il «patto» è come un testamento, è l’anticipo di un dato ereditario. Deciderà la magistratura.
Vale comunque il fatto che al futuro investitore i membri della famiglia non cederanno quote bensì si diluiranno nell’ambito di un rafforzamento patrimoniale del gruppo che ha bisogno di investire. Secondo le prime stime della società da parte del mercato, il valore complessivo d’impresa della casa dei vini della famiglia Zonin potrebbe collocarsi tra 400 e 500 milioni.
La società vinicola Zonin è già al vertice della classifica dei maggiori produttori, secondo i dati 2017 elaborati dall’Area studi di Mediobanca al quarto posto con 201 milioni di ricavi alle spalle del numero uno Cantine Riunite (594 milioni di ricavi), seguito a ruota da Caviro (315 milioni) e Antinori (221). Tutti grandi gruppi del made in Italy vitivinicolo che crescono, con fatturati in aumento tra il 4 e il 5% (+4,2% per la Casa Zonin). Ma si può fare ancora di più, visto che ci sono società le cui vendite si espandono addirittura sopra il 10%. Ma per arrivare a quei traguardi – spingendo molto sull’export – bisogna appunto investire. Visto che l’intero comparti delle aziende del vino nel 2017 ha spinto sul pedale degli investimenti, cresciuti complessivamente del 27%. Da qui l’opportunità di un investitore che sostenga i piani di sviluppo anche all’estero dove la Zonin raccoglie già l’85% del fatturato e dove possiede pezzi pregio come la Barbourville in Virginia e la Dos Alma, la nuova società in Cile il cui obiettivo in tre anni è di produrre 6oo mila bottiglie. Il partner, che esprimerà anche rappresentanti in consiglio, contribuirà poi a rafforzare il profilo istituzionale del leader dei vini – nove tenute in Italia-, intenzionato a giocare tra i grandi sui mercati internazionali.

di Daniela Polizzi da Economia del Corriere della Sera