Sentenza Miteni: e gli ex operai? Esclusi dai risarcimenti. Zanni (Cgil): “Riaprire filone indagine”

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Giampaolo Zanni, Cgil Veneto per la Sicurezza sul lavoro e Pfas

La sentenza Miteni di primo grado è un ulteriore leva per riaprire le indagini sulle malattie contratte dagli ex operai dello stabilimento di Trissino, esclusi dai risarcimenti. Ne è convinta la Cgil che a dispositivo acquisito – ed in attesa del deposito delle motivazioni entro 90 giorni – sommerà quest’ultimo risultato, seppur parziale in vista dei successivi gradi di giudizio, a quanto finora raccolto in tal senso.

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Giampaolo Zanni, Cgil Veneto per la Sicurezza sul lavoro e Pfas

Ne abbiamo parlato con Giampaolo Zanni del Dipartimento Salute e sicurezza della Cgil Veneto ed ex segretario generale a Vicenza.

Partiamo dal perché in questo processo gli ex lavoratori Miteni non hanno ricevuto un risarcimento. “Questo procedimento – ha detto – non prevedeva capi di accusa per reati relativi a malattie o decessi sul lavoro, ma ambientali e societari (disastro ambientale, inquinamento, abbandono di rifiuti e bancarotta fraudolenta, ndr)”.

L’esponente della Cgil ha quindi ricordato come l’azione del sindacato, in tal senso, è partita nel 2019, con un esposto poi archiviato nel 2022 per prescrizione dei reati considerati di natura colposa e mancanza di un nesso causale tra esposizione ai Pfas e malattie contratte dai lavoratori.

“Ironia della sorte – aggiunge Zanni – due mesi dopo è stato pubblicato lo studio dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) che ha aggiornato la classificazione di alcune sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), in particolare classificando il Pfoa, quello maggiormente riscontrato tra gli ex operai, come cancerogeno per l’uomo.

Ora – ha proseguito -, atteso che la sentenza Miteni di ieri avrà un prosieguo procedimentale, ci prepariamo a tornare alla carica: quanto emerso in questo primo grado di giudizio e tutto il lavoro pregresso fatto dalla Cgil sono validi elementi per chiedere una riapertura delle indagini sui danni alla salute degli operai“.

Insomma, per mettere un punto fermo sulla comprensione della vicenda relativa al mancato riconoscimento per le decine di lavoratori che pure si erano costituiti parte civile nel procedimento (avvocato Bortolotto, ndr) si potrebbe fare riferimento alla natura dei reati contestati, ma questo sarà chiaro solo una volta a conoscenza delle motivazioni dei giudici.

In conclusione, Zanni ha richiamato un altro aspetto partendo dal fatto che, a maggio scorso, il Tribunale di Vicenza ha stabilito che la morte dell’operaio Miteni Pasqualino Zenere è stata causata dall’esposizione ai Pfas.

“Pochi – rammenta Zanni – sanno che Cgil si è mossa per una tutela specifica dei lavoratori, denunciando all’Inail la posizione di 43 ex operai e chiedendo il riconoscimento della malattia professionale”.

Va considerato che i lavoratori hanno presentato valori di Pfas nel corpo molto superiori rispetto a quelli dei semplici cittadini dell’area interessata dalla contaminazione, per via dell’esposizione diretta ad essi.

“L’Inail ne ha accolte 19 – prosegue il sindacalista -, ma in una percentuale che non dà diritto a indennizzi fin quando non insorga una patologia. Di quei 43 lavoratori faceva parte anche Pasquali Zenere. Per lui avevamo  presentato ricorso in sede civile fino alla sentenza dello scorso 13 maggio nei confronti dell’Inail a riconoscere il nesso causale tra il tumore al rene e il decesso di Pasqualino Zenere e a pagare la rendita dovuta alla vedova del lavoratore”.

Infine, invitiamo i lettori ad approfondire questo aspetto della vicenda leggendo “Processo Pfas: 11 manager condannati a 141 anni e a pagare i danni con la Miteni… fallita: a risarcire sarà qualcun altro”?, a firma di Giovanni Coviello che pone validi interrogativi proprio sul destino dei risarcimenti.