Ex BPVi e Veneto Banca, 21 mila Pmi a rischio

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Ex popolari, Sga prepara un’offerta ai Confidi per disinnescare il rischio sulle micro-imprese. Adesso che c’è anche l’evidenza dei dati, diventa chiaro il rischio che sta di fronte alla spa del Tesoro nella gestione delle imprese con i crediti incagliati provenienti da Bpvi e Veneto Banca. Aziende, per semplificare, in difficoltà nella restituzione dei prestiti concessi a suo tempo, ma dove gli affidamenti sono ancora attivi e quindi con una possibilità di tornare in bonis. Così, dopo il primo incontro di dieci giorni fa in Veneto Sviluppo, Marina Natale, amministratore delegato della società nata per gestire la liquidazione del Banco di Napoli e che ora deve gestire il portafoglio di 18 miliardi di crediti deteriorati e sofferenze delle Venete, punta a rivedere i Confidi nel giro di un paio di settimane, per avanzare un’offerta concreta.
Il problema sta tutto nei dati che la manager aveva illustrato il 12 aprile. Non a caso il primo incontro voluto a tamburo battente, subito dopo aver ricevuto dai commissari liquidatori il portafoglio dei crediti. Il centro dell’attenzione è posto sul sottoinsieme di 25.100 imprese (5.800 in Veneto) che hanno un totale di 6,2 miliardi di euro di prestiti incagliati nominali (2,4 nella nostra regione), composto per il 47% da aziende del settore immobiliare e per 41% di commercio all’ingrosso. Questo gruppo si divide sostanzialmente in orizzontale in quattro categorie. In vetta ci sono le imprese maggiori, con affidamenti sopra i 3 milioni di euro: sono 254, l’1% del totale, e valgono per 2,2 miliardi, il 36% del totale. Subito sotto viene la fascia delle posizioni ristrutturate: sono 549, il 2% del totale, e vale poco più di 2 miliardi, un terzo del totale. Scendendo ulteriormente, si arriva alle aziende medie, con affidamenti compresi tra 100 mila e 3 milioni di euro. Il rapporto tra numero e valore è molto meno squilibrato; ma ancora qui, con 3.227 aziende, il 13% del totale, si affrontano 1,6 miliardi di crediti nominali, il 26%. Al fondo della piramide stanno le imprese con affidamenti sotto i centomila euro: sono 21.084, l’84% del totale in numero, ma valgono 336 milioni di affidamenti, il 5% del valore totale. Dunque mettendo insieme i primi due gruppi, con il 3% delle aziende si copre il 70% del valore; se poi lo si fa con i primi tre, gestendo il 16% delle imprese si copre il 95% dei crediti deteriorati. Cosa possa succedere nei fatti è insito nei numeri, anche considerando che Sga ha 70 gestori divisi tra Montebelluna, Vicenza e Milano, stante che tra Veneto e Lombardia si concentra il 40% dei debitori e il 58% del valore. Ovvero che per efficienza Sga si concentri sulla gestione delle posizioni maggiori, nei primi tre gruppi, nei quali può mettere in campo i propri gestori in un rapporto diretto e puntare a chiudere rapidamente i tavoli di ristrutturazione, che nel caso delle posizioni maggiori erano già avanzati con i commissari liquidatori delle due banche, e concedere in maniera selettiva la (limitata) nuova finanza che potrà permettersi Sga, sempre per accelerare la regolarizzazione. La questione è cosa si possa fare invece per gestire le 21 mila micro-posizioni, in cui Sga dovrà fatalmente ricorrere anche a soluzioni standardizzate di rinegoziazione e far leva anche sull’affidamento in gestione a service esterni. Certo, Sga sta tentando di avanzare in modo organizzato, tenendo controllato il lavoro dei service a cui ha affidato la gestione. «La preoccupazione con i piccoli è forte e si cerca di rispondere a tutte le telefonate e a tutte le richieste», dicono intorno alla Sga. Proprio sulle micro-posizioni Natale aveva chiesto aiuto ai Confidi e a Veneto Sviluppo. Intanto sul fronte operativo, chiedendo di definire le aziende sui cui puntare maggiormente per il rientro in bonis. E magari sostenendo anche la concessione della nuova finanza. Fatto tutt’altro che semplice da affrontare in concreto, visto che per i Confidi le regole sono molto stringenti, soprattutto per le garanzie a prima richiesta, quelle che le banche possono richiamare di fronte a prestiti che non rientrano, già nella concessione di garanzie su affidamenti in bonis; figurarsi quindi sui prestiti in difficoltà. Nel frattempo i Confidi hanno comunicato i nomi dei funzionari che costituiranno il tavolo di lavoro con la Sga. Dove magari si potrà iniziare a ragionare partendo da formule come i tranched cover (ovvero portafogli garantiti di prestiti costruiti mettendo insieme finanziamenti segmentati per differenti livelli di rischio) che Veneto Sviluppo e Confidi hanno già sperimentato in passato. Ma che si potrà tentare di costruire nello specifico della situazione nel secondo incontro che i Confidi attendono con la Sga. In cui sperano di vedere nel concreto sul tavolo la proposta dalla spa del Tesoro.

dal Corriere Veneto di Federico Nicoletti